Empatia nel rapporto genitori e figli
Per la crescita del bambino è fondamentale un ambiente in grado di agevolare il suo sviluppo fisico ed emotivo, una base sicura per creare quei legami necessari ad affrontare la vita. Infatti, educare basandosi sull’empatia vuol dire entrare in relazione con i figli, cercare di mettersi nei loro panni e osservare come vedono il mondo esterno.
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In questo senso occorre superare il concetto che il bambino è una specie di contenitore vuoto da riempire.
Invece, va ascoltato per capire cosa ha dentro di sé e per aiutarlo a sviluppare le proprie potenzialità.
Teoria dell’attaccamento
È John Bowlby con la sua “teoria dell’attaccamento” a indicare come il legame relazionale che si crea tra il bimbo e le figure adulte che si prendono cura di lui (caregivers), è innato.
Bowly si riferisce soprattutto alla specifica relazione madre/bambino in cui i piccoli dimostrano il loro attaccamento attraverso schemi comportamentali di base:
– sorriso
– pianto
– aggrapparsi
– suzione (non inteso come bisogno di cibo).
Questi schemi sono innati e istintivi e assicurano al bambino protezione e cure per la sopravvivenza.
Quindi, il comportamento di attaccamento è in parte predeterminato e si sviluppa in base al corso degli eventi.
Pertanto, la figura genitoriale assume un valore fondamentale per la crescita non solo fisica ma psichica ed emotiva.
Intelligenza emotiva
Negli anni Novanta, si inizia a parlare di “intelligenza emotiva” come capacità di relazionarsi agli altri con empatia, controllando anche le emozioni negative.
Uno dei massimi esperti di intelligenza emotiva è lo psicologo americano Daniel Goleman per il quale riconoscere le proprie emozioni, poterle gestire e provare empatia sono le capacità che più influenzano la vita di una persona.
Quindi, l’intelligenza emotiva e il riconoscimento delle proprie emozioni si possono insegnare ai bambini affinché imparino a gestirle.
Genitori: tipologie
Per Goleman, esistono 4 tipologie di genitore:
– noncuranti: sottovalutano, ridicolizzano o ignorano le emozioni negative dei figli;
– censori: rimproverano e puniscono i figli per la manifestazione dei loro sentimenti negativi;
– lassisti: accettano le emozioni negative dei figli dimostrandosi empatici, ma non riescono a porre dei limiti al loro comportamento e dunque a guidarlo;
– allenatori emotivi: simili ai genitori lassisti, sono invece capaci di parlare delle emozioni che prova il bambino, insegnandogli a definirle e a trovare insieme una soluzione.
Capacità del genitore allenatore
Durante le sue ricerche, con un campione di un centinaio di famiglie, Goleman ha identificato le 5 capacità del genitore allenatore:
– sa identificare le emozioni del bambino
– sa riconoscere nelle emozioni un’opportunità di insegnamento
– ascolta con empatia e avvalora i sentimenti del figlio
– insegna al bambino le parole per esprimere le emozioni
– pone dei limiti ai comportamenti dettati dalle emozioni negative, offrendo delle soluzioni comprensibili al bambino.
Saper riconoscere le emozioni, essere empatici, significa tuttavia che il genitore deve diventare per primo consapevole delle proprie emozioni e allenarsi emotivamente.
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